
ICON·S Italian Chapter “Il futuro dello Stato“
Università degli Studi di Bologna – 16-17 settembre 2022
Panel “Il mercato dei diritti: quale fondamento costituzionale per i diritti sociali in trasformazione?”
L’evoluzione dei diritti sociali nel periodo della globalizzazione rappresenta un fenomeno di particolare interesse nello studio del ‘futuro dello Stato’. L’instaurazione di un mercato globale, che ha determinato anche la nascita di un ‘mercato dei diritti’, comporta infatti rilevanti conseguenze dal punto di vista di uno dei caratteri primari dello Stato, ossia quello della concessione o del riconoscimento dei diritti ai propri cittadini.
Per introdurre il tema delle criticità e delle prospettive che accompagnano il mercato dei diritti sociali è necessario fare due brevissime considerazioni iniziali.
In primo luogo, è noto che uno dei principali e tradizionali compiti di uno Stato è quello di garantire un catalogo di diritti, un Bill of Rights ai propri cittadini, e al contempo di garantirne il rispetto. Una delle categorie più rilevanti di questi diritti, nonché tra i tratti caratteristici delle forme di Stato contemporanee, è quella dei cd. diritti sociali, i quali impongono un impegno attivo dello Stato e, in misura più o meno diretta, una spesa da parte dello stesso. Gli esempi classici di questi ‘diritti che costano’ sono il diritto alla salute, all’istruzione, il catalogo dei diritti dei lavoratori e l’insieme di quelle misure che definiscono il Welfare State.
In secondo luogo, è evidente come i contatti tra popoli, culture e ordinamenti porta fisiologicamente a confronti anche dal punto di vista dei diritti che ciascuno Stato garantisce ai propri cittadini. Attraverso questi contatti le culture e gli ordinamenti si influenzano vicendevolmente, in maniera più o meno graduale, e purtroppo, in maniera più o meno pacifica (1).
In questo scenario, già ampiamente consolidato, si è inserito prepotentemente il fenomeno della globalizzazione.
Le innovazioni discendenti dal modello di mercato globale sono moltissime e non vi è certamente modo di esaminarle tutte in questo contesto. Si tratta di un tema delicato e complesso, fosse anche solo in ragione della sua multidisciplinarietà, in quanto interessa l’ambito giuridico, l’abito economico, quello geopolitico e anche quello sociologico.
Nel mondo contemporaneo gli scambi tra popoli, culture e ordinamenti non hanno più limiti geografici, ma sono divenuti globali, così come lo è il sistema mediatico. Da ultimo, l’avvento di internet ha consentito a chiunque di avere contatti economici, commerciali ed interpersonali potenzialmente con qualunque altra persona nel mondo. L’elemento prima menzionato del ‘contatto’ come punto di stimolo per un confronto tra ordinamenti è divenuto esponenzialmente più rilevante.
Appare evidente come ciò non possa non aver avuto importanti ricadute anche sul sistema dei diritti, e tra questi in primis i diritti sociali, in virtù del fatto che la globalizzazione, pur non limitandosi a questo aspetto, rimane un fenomeno profondamente connesso al concetto di mercato globale in senso capitalista.
Gli Stati e i loro sistemi economico-produttivi non solo sono messi in comunicazione come mai prima d’ora, ma sono al contempo messi in concorrenza tra loro, in particolar modo dal punto di vista commerciale e finanziario; e ciò si riflette chiaramente anche sul tema in esame.
Certamente, il discorso in questione non si limita ai soli diritti sociali: basti pensare a come il tema del rispetto dei diritti umani e dei diritti civili sia profondamente legato ai rapporti con gli altri ordinamenti. A testimonianza di questo fenomeno si consideri come il dibattito circa il loro riconoscimento sia costantemente improntato al confronto con quanto avviene in Stati ritenuti più o meno ‘avanzati’.
Mantenendo l’attenzione sugli effetti della globalizzazione sui diritti sociali, si assiste ad una situazione problematica, in cui gli Stati devono mantenersi competitivi sul mercato globale, in un contesto mai sperimentato prima, in cui la concorrenza non si articola più solo tra imprese e società private, ma direttamente tra ordinamenti. Ed è proprio questo che ha portato alla nascita del cd. mercato dei diritti (2).
Come noto, infatti, il riconoscimento e il pieno rispetto sostanziale di diritti quali quello alla salute, all’istruzione, alla previdenza sociale e i diritti dei lavoratori comportano un notevole costo nel bilancio dello Stato.
La scelta di garantire, e in quale misura, i diritti sociali e di sostenerne i relativi costi è sempre stata una questione politica di rilievo nazionale. Man mano che il sistema è divenuto progressivamente più interconnesso la situazione è evoluta, divenendo ad oggi una questione sempre più economica ed internazionale.
Ciò comporta inevitabilmente un cambiamento di prospettiva e di strategia.
Il sistema globalizzato apre a prospettive inedite per ampliare il catalogo dei diritti sociali e per garantirne un miglior rispetto da parte degli Stati, i quali possono agire su impulso o per emulazione di quelli maggiormente ‘avanzati’ (3).
Al contempo, tuttavia, l’instaurazione di un ‘mercato dei diritti’ comporta logicamente che, così come questi possono essere guadagnati, allo stesso modo possano essere persi. Il rischio è ancor più concreto ove si radichi la convinzione che per cui i diritti sociali vengano considerati quasi come un elemento negativo, in quanto da essi derivano ingenti costi per Stato e imprese, nonché un impedimento a produttività ed efficienza (4).
Questo aspetto, estremamente problematico, è già emerso con drammatica evidenza nel corso dell’ultimo decennio, in cui si è verificata una generalizzata tendenza alla delocalizzazione e di perdita di posti di lavoro nel cd. primo mondo in virtù del fatto che spesso i diritti dei lavoratori sono stati interpretati quali un costo di bilancio da parte delle società private. Ciò rischia di avvenire anche per gli altri diritti ‘costosi’, quali salute, istruzione, previdenza sociale. Le prime avvisaglie sono già individuabili anche in Europa (5).
In conclusione, la garanzia dei diritti sociali pare oggi più che mai essere sotto seria minaccia. Un punto che è necessario cogliere, al fine di poter difendere ciò che è stato conquistato in decenni di battaglie politiche e sociali, è che gli sforzi per la loro tutela non possono più essere condotti – soltanto – mediante i canoni classici di tipo politico e nazionale. Il rischio di un arretramento della sfera dei diritti non dipende più soltanto della volontà politica delle istituzioni dello Stato, ma sempre più spesso di dinamiche internazionali o sovranazionali alle quali, anche volendo, il singolo ordinamento può porre scarsa resistenza (6). Dunque, la soluzione ad un problema sovranazionale va ricercata a livello sovranazionale.La difesa dei diritti sociali dai rischi derivanti dal ‘mercato dei diritti’ rappresenta una questione di primissimo piano tanto per i singoli cittadini quanto per futuro dello Stato nazionale: in fondo, che ne è della sua sovranità se esso vede sbiadire o perfino venir meno la possibilità di tutelare i diritti sociali dei suoi cittadini? (7).
Elia Aureli
Dottorando in Studi Giuridici Comparati ed Europei
Università degli Studi di Trento
(1) A. Caffarena, La Trappola di Tucidide e altre immagini. Perché la politica internazionale sembra non cambiare mai, il Mulino, Bologna, 2018.
(2) S. Lucarelli, I. Manners, Values and Principles in European Foreign Policy, London and New York, Routledge, 2006; T. Treu, Globalizzazione e diritti umani. Le clausole sociali dei trattati commerciali e negli scambi internazionali fra imprese, in Stato e Mercato, n. 1/2017, p. 7-50.
(3) L’aggettivo viene in questo contesto utilizzato rimanendo aderenti alla convinzione, radicata almeno nel mondo occidentale, che uno Stato che riconosca e garantisca un catalogo più ampio di diritti ed una loro migliore tutela sia da considerarsi come maggiormente avanzato.
(4) S. Rossi, Il mercato e i diritti sociali, in Rivista del Gruppo di Pisa, n. 3/2012, pp. 1-14.
(5) V. Parsi, Il patto spezzato tra democrazie e mercati, in Aspenia, n. 84, 2019, pp. 61-71.
(6) Si pensi, ad esempio, ai fenomeni della delocalizzazione industriale o del dumping salariale.
(7) F. Gallo, Il futuro non è un vicolo cieco. Lo stato tra globalizzazione, decentramento ed economia digitale, Sellerio, Palermo, 2019.
[…] che questo sta affrontando e dovrà affrontare: alcune di esse sono state già menzionate nel contributo di Elia Aureli, altre saranno messe in risalto negli altri contributi del Panel*, mentre i paragrafi che […]
"Mi piace""Mi piace"