
ICON·S Italian Chapter “Il futuro dello Stato“
Università degli Studi di Bologna – 16-17 settembre 2022
Panel “Costituzionalismo ambientale e forma di Stato nel XXI secolo”
Nella storia repubblicana si è assistito ad una progressiva emancipazione della Corte costituzionale italiana da un atteggiamento di deferenza rispetto agli altri poteri dello Stato (1). Nell’ultimo decennio, in particolare, nella giurisprudenza costituzionale è emersa con sempre maggiore evidenza l’insofferenza verso l’inerzia del Legislatore, insensibile ai molteplici moniti provenienti dal Giudice delle Leggi.
Lo spazio politico nel tempo ha subìto un processo di ‘giudizializzazione’, anche grazie ad un affinamento del giudizio di proporzionalità e ragionevolezza, che ha comportato vagli sempre più incisivi da parte delle Corti quanto alla legittimità costituzionale delle norme scrutinate. Si pensi, in questo senso, al superamento della teoria delle cc.dd. “rime obbligate”, nonché all’elaborazione di più sofisticate tecniche decisorie, dal punto di vista processuale. Tale cambiamento è avvenuto in forza di un sempre maggiore allontanamento da una concezione di rigida separazione dei poteri, propria dell’illuminismo giuridico continentale, per abbracciare, con l’avvento del costituzionalismo post-bellico, un sistema di pesi e contrappesi (checks and balances), maggiormente dinamico e fondato sul coordinamento tra poteri dello stato (2). Precisate tali coordinate, vale la pena osservare come nel periodo repubblicano l’“evoluzione” sperimentata dalla Corte costituzionale italiana mette in guardia da un approccio statico alla giustizia costituzionale, fondato su modelli teorici rigidi e predeterminati, che rischiano di risultare inadeguati rispetto ad un quadro politico ed istituzionale in continuo cambiamento.
Storicamente e figurativamente, l’idea di Giustizia è sempre stata associata, da una parte, all’imparzialità dell’organo giudicante (rappresentata iconograficamente da una benda sugli occhi della dea della Giustizia), dall’altra, al ricorso alla forza per porre in esecuzione e far valere le decisioni dei tribunali (la spada di cui è armata la dea della Giustizia), rimanendo altrimenti le sentenze mere parole su carta. Sin dagli albori della Corte costituzionale italiana, autorevole dottrina ha sottolineato che il giudizio di legittimità costituzionale delle leggi ha caratteristiche sue proprie che non consentono al Giudice delle Leggi, cui spetta l’ultima parola sull’interpretazione del dettato costituzionale e sulla tutela dei diritti fondamentali, di sovrintendere all’esecuzione delle proprie sentenze. È stato infatti osservato che l’attuazione della Costituzione e la sua integrità non possono essere affidate all’organo di giustizia costituzionale, ma devono essere lasciate al libero dispiegarsi delle forze politiche che concorrono a determinare l’effettivo regime politico vigente nell’ordinamento giuridico, detto altrimenti la Costituzione materiale (3). Prima ancora di una possibile confusione dei poteri, qualora si consentisse alla Corte costituzionale di ordinare direttamente l’esecuzione delle proprie sentenze, ad esempio, agli organi della pubblica amministrazione, il controllo sull’esecuzione delle decisioni costituzionali sarebbe inibito all’organo di giustizia costituzionale, in quanto di spettanza del potere politico. Se il Legislatore non dà seguito alle decisioni della Corte costituzionale, evidentemente la Costituzione materiale diverge da quella formale e non può essere affidato al Giudice delle Leggi, quale istituzione non-maggioritaria, un compito “creativo” di tal natura.
A ben vedere, tuttavia, la comparazione giuridica mostra sistemi di giustizia costituzionale che hanno adottato risposte diverse a tale questione. Molti ordinamenti contemporanei, infatti, prevedono meccanismi volti ad assicurare l’esecuzione coattiva delle decisioni rese dalle Corti da parte dei poteri dello Stato che si dimostrano inottemperanti. La previsione di strumenti di coercizione istituzionale in molteplici ordinamenti, a fronte di norme o situazioni giudicate costituzionalmente illegittime, dimostra che il tema dell’effettività delle decisioni dei Giudici costituzionali non è affatto scontata e non è per nulla detto che debba arrendevolmente arrestarsi di fronte a pre-determinate colonne d’Ercole del circuito della politica. Come sopra ricordato, tale esigenza di effettività si è fatta sempre più impellente quanto più le Costituzioni si sono arricchite di diritti sociali, economici, culturali (SEC), che necessitano di azioni positive da parte delle istituzioni pubbliche per la loro realizzazione. Diversamente dai diritti cc.dd. “facoltizzanti” (si pensi in questo senso all’aiuto al suicidio e alle vicende interlocutorie tra Corte e Parlamento nel noto caso Cappato), i diritti SEC e ulteriori nuovi diritti, quali quelli legati alla protezione dell’ecosistema, della biodiversità e dell’ambiente (articolo 9 della Costituzione italiana, così come riformato con l. cost. 1/2022), richiedono interventi concreti per poter essere attuati. Per garantire l’integrità dell’ordinamento costituzionale, in questi casi le omissioni del Legislatore non possono essere “sanate” con una mera pronuncia di incostituzionalità.
In questa sede in particolare ci si concentra sull’esecuzione delle sentenze da parte delle istituzioni politiche e amministrative e non ci si occuperà dei rapporti con la magistratura.
A più rudimentali ordini di esecuzione delle Corti alle diverse autorità dello stato, seguiti da sanzioni in caso di inadempimento (4) (meccanismi cc.dd. “command and control”), si è passati a forme di ottemperanza ben più articolate. La giustizia costituzionale, infatti, in molti casi si è trovata a dover attuare vere e proprie riforme strutturali dell’ordinamento, per poterlo adeguare ai valori sanciti nelle Carte fondamentali. Basti pensare in questo senso allo smantellamento della segregazione razziale negli Stati Uniti e la decostruzione delle discriminazioni di genere in moltissimi Paesi occidentali. Settori quali l’istruzione, la sanità pubblica, il sistema carcerario, il welfare, nell’inerzia del potere politico, sono stati “ripensati” e “ricostruiti”, in quanto giudicati costituzionalmente illegittimi, sotto l’attenta vigilanza delle Corti.
Recentemente, ha fatto molto discutere in dottrina la modifica alla Legge organica del Tribunale Costituzionale spagnolo avvenuta nel 2015 con la quale è stato previsto che in caso di inosservanza delle proprie decisioni la Corte può:
- erogare sanzioni pecuniarie da 3.000 a 30.000 euro, con la possibilità di reiterare le stesse;
- sospendere coloro che non hanno adempiuto a quanto previsto nella sentenza del Tribunale Costituzionale;
- esercitare un potere sostitutivo nei confronti dei soggetti inottemperanti, potendo esigere la cooperazione del Governo nazionale per l’attuazione della propria decisione;
- raccogliere testimonianze per individuare eventuali responsabilità penali di coloro che non hanno posto in esecuzione quanto prescritto in sentenza.
Tale riforma è stata criticata da parte della dottrina e non condivisa dalla Commissione di Venezia, che in una propria opinione ha osservato che: “The attribution of the power of execution of its decisions to the Constitutional Court may seem as an increase of power at first sight. However, the division of competences of adjudicating on the one hand, and of executing its results, strengthens the system of checks and balances as a whole, and in the end, also the independence of the Constitutional Court. The Venice Commission does not recommend that these powers be attributed to the Constitutional Court” (5).
Tale opinione, tuttavia, non costituisce una pietra tombale rispetto alla possibilità di prevedere poteri di sorveglianza attivi in capo alle Corti costituzionali, quanto all’esecuzione delle proprie sentenze. Anzi, a ben vedere esistono sistemi giuridici virtuosi come, ad esempio, quello colombiano. Nell’ambito del costituzionalismo sperimentale latino-americano, la Corte costituzionale colombiana e il sistema di monitoraggio dell’esecuzione delle sentenze che richiedono un significativo intervento da parte dei poteri pubblici per trasformare aspetti della realtà sociale (diritti SEC), rappresentano un caso di studio degno di maggiore attenzione in letteratura. In tale sistema di giustizia costituzionale la fase esecutiva costituisce un importante momento di coinvolgimento di diversi attori della società civile, che contribuiscono a co-determinare e a monitorare gli obiettivi fissati dall’organo di giustizia costituzionale (procedura di follow-up). In particolare, la Corte, quando lo ritiene opportuno, può creare una commissione ad hoc, composta da rappresentanti della società civile, associazioni e accademici, scelti in qualità di esperti di un determinato settore. La commissione generalmente è presieduta da un magistrado auxiliar, che costituisce il punto di raccordo con l’organo di giustizia costituzionale, essendone parte integrante. A tal proposito, in dottrina è stato sottolineata la decisività del contributo apportato da soggetti che operano quotidianamente a diretto contatto con la realtà oggetto della decisione costituzionale, costituendo in questo senso la commissione un importante punto di raccordo tra Corte costituzionale, società e la realtà materiale su cui si intende intervenire “The main effect is the direct involvement of political actors, such as human rights NGOs, reform-oriented public agencies, and grassroots organizations that are likely to adopt the ruling’s implementation as part of their own agenda and thus become a source of countervailing power against the status quo” (6). Ancora, sul punto è stato altresì osservato che: “Judicial intervention is a way to mobilize the political process, but to mobilize it in a way in which participation is not only linked to the very specific party’s interests in the case or the IDPs organizations or health organizations, but that promote a broader participation in the decision making that will lead to the fulfillment of the orders of the court… And it is empowered decisional participation because the court not only looks at access of the interested organizations to the decisional process, or to the opportunities for these participations so that they are timely and effective, but the court also unleashes a more technical participation” (7).
Allo stesso tempo la Corte può rivolgersi per l’attuazione delle proprie decisioni direttamente ai diversi apparati dell’amministrazione, agli enti locali, alle autorità amministrative indipendenti, alle agenzie/enti pubblici operanti nel settore interessato.
Il caso colombiano testimonia il successo di un meccanismo volto, da una parte, ad assicurare l’effettività dei diritti sanciti in Costituzione, dall’altra, a non compromettere il principio di separazione dei poteri dello stato. Spetta infatti alla commissione stabilire in concreto il quomodo della attuazione delle decisioni della Corte (che si è pronunciata a monte sull’an della legittimità delle norme/situazioni vagliate). Il coinvolgimento di molteplici attori, privati ed istituzionali, attribuisce alla fase esecutiva un carattere partecipato e “democratico”, che procede per obiettivi (secondo un modello definito: dialogic judicial activism) (8). Ѐ stata altresì coniata l’efficace espressione “empowered participatory jurisprudence” (9) per descrivere tale meccanismo monitorio di tipo dialogico, che esalta la dinamica collaborativa, rafforzando il coinvolgimento democratico della società. Il sistema di giustizia costituzionale colombiano è interessante per l’Italia in quanto, con le dovute differenze, presenta elementi strutturalmente simili ai nostri. Si tratta infatti di una democrazia costituzionale, con una Costituzione programmatica e un sistema di giustizia costituzionale accentrato. È inoltre un Paese di civil law.
Venendo, dunque, all’ordinamento italiano i meccanismi di esecuzione sopra ricordati non sembrano essere particolarmente dissimili rispetto al giudizio di ottemperanza, previsto per il processo amministrativo, su cui è stato modellato il processo costituzionale. È interessante notare come il giudizio di ottemperanza rappresenti un momento giurisdizionale, assistito dalle classiche garanzie del processo, che può sfociare nell’individuazione di un commissario ad acta (membro dell’organo di giustizia amministrativa o un soggetto delegato da quest’ultimo), che può sostituirsi al soggetto inottemperante per realizzare quanto stabilito nella decisione emanata dalla giustizia amministrativa. Le questioni attinenti alla protezione degli ecosistemi e della biodiversità, valore da ultimo costituzionalizzato anche in Italia con l. cost. 1/2022, richiedono al pari dei diritti SEC, cioè diritti cc.dd. di terza generazione, un intervento particolarmente proattivo da parte dei pubblici poteri e della società, per garantirne l’effettività. Come ben testimoniano i casi dei fiumi Atrato in Colombia, Riachuelo in Argentina, Gange in India, in caso di omissioni del potere politico, le Corti sono chiamate a garantire l’effettività dei diritti legati alla protezione della natura. Ciò comporta l’instaurazione di procedure articolate volte all’attuazione di quanto sancito dalle Corti.
Nuovi diritti richiedono nuovi strumenti per la loro attuazione? Potrebbe essere opportuno pensare di conferire alla giustizia costituzionale italiana la propria spada, prevedendo in tal senso un giudizio dell’ottemperanza costituzionale?
Giacomo Giorgini Pignatiello
Dottorando in Scienze giuridiche
Università degli Studi di Siena
(1) D. Tega, La Corte nel contesto, Bologna, 2020.
(2) R. Toniatti, Il principio non-maggioritario quale garanzia della forma di Stato costituzionale di diritto in Europa, in DPCE, 4, 2020, 1155-1191.
(3) P. Barile, La Costituzione come norma giuridica: profilo sistematico, Firenze, 1951.
(4) Cfr. G. Tusseau, Contentieux constitutionnel comparé, Paris, 2021, 1283 ss.
(5) European Commission for Democracy Through Law (Venice Commission), Opinion 827/2015, On the Law of 16 October 2015 Amending the Organic Law no. 2/1979 on the Constitutional Court, 10-11 March 2017, CDL-AD(2017)003, in part. paras. 77 e 78.
(6) C. Rodriguez Garavito, Beyond the Courtroom: The Impact of Judicial Activism on Socioeconomic Rights in Latin America, in Texas Law Review, 89, 2011, 1696.
(7) M.J. Cepeda-Espinoza, Transcript: Social and Economic Rights and the Colombian Constitutional Court, in Texas Law Review, 89, 2011, 1704.
(8) C. Rodriguez Garavito, Beyond the Courtroom: The Impact of Judicial Activism on Socioeconomic Rights in Latin America, in Texas Law Review, 89, 2011, 1686.
(9) C. Rodriguez Garavito, Beyond the Courtroom, cit.