Recensione a M. Dani, La banca centrale nel diritto pubblico europeo. Una prospettiva teorica e comparata, FrancoAngeli, Milano, 2024.

di Anna Camilla Visconti

Assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato

Università degli Studi di Firenze

1. Introduzione: per uno studio pubblicistico sulle banche centrali

Il volume La banca centrale nel diritto pubblico europeo. Una prospettiva teorica e comparata, del Professore Marco Dani, edito nel 2024 da FrancoAngeli, costituisce un contributo significativo, il quale, unendosi ad altri recenti volumi, affronta, con approccio diacronico-comparato, un tema – quello delle banche centrali – ancora scarsamente arato dalla dottrina giuspubblicistica.

Il volume rinviene la propria premessa nella centralità, per il diritto pubblico, del ruolo delle banche centrali, prefiggendosi di «fare uscire il tema dalla nicchia, nella convinzione che oggi qualsiasi discorso che, con un minimo di realismo, voglia occuparsi del potere pubblico in Europa non possa perseverare in questa lacuna» (p. 12). Nelle note iniziali, in sede di introduzione, l’Autore dichiara apertamente come detta esigenza sarebbe acuita dalle tendenze in atto, quantomeno, a far data dalla crisi finanziaria globale, la quale ha contribuito ad assegnare alle banche centrali un ruolo di primo momento per la tenuta economica dei Paesi industrializzati. Al contempo, si rileva come i profili che dipanano dal tema del central banking – la legittimazione delle banche centrali, la loro collocazione nella costituzione (formale e materiale) e, finanche, i rapporti tra banche centrali e organi di direzione politica – inducano a ritenere che le ragioni per uno studio pubblicistico sul central banking non siano da rinvenirsi nel solo dato contingente. Fattori – quelli qui considerati – che inducono ad apprezzare il recente volume dell’Autore, quale meritorio apporto dottrinario in tema.

2. I contenuti: una panoramica

Il volume si compone di sette capitoli, in cui viene tracciata la traiettoria evolutiva che ha interessato il central banking europeo. La trattazione si articola su di un percorso analitico che indaga quattro diversi paradigmi di central banking: banca centrale agente del governo (i), banca centrale fiduciaria del governo (ii), banca centrale fiduciaria degli stati membri (iii) e banca centrale protagonista (iv). 

I primi due paradigmi sono oggetto di specifica trattazione nei capitoli iniziali del volume, ove si portano gli esempi di Banque de France e Bundesbank. A partire dal terzo capitolo, fa il suo ingresso un’ulteriore, significativa, «variabile di contesto», sì come qualificata dall’Autore medesimo: il «coordinamento sovranazionale delle politiche monetarie» (p. 67), cui ha fatto seguito l’affermazione e l’imposizione nello spazio giuridico europeo del paradigma della “banca centrale fiduciaria del governo”, sul modello della Bundesbank. Nel proseguire della trattazione – almeno a parere di chi scrive – il quarto capitolo costituisce un significativo elemento di congiunzione tra la prima e la seconda parte del volume, offrendo al lettore le basi per una compiuta comprensione del ruolo assunto dalla Banca centrale europea (BCE) nel contesto della crisi finanziaria globale e della crisi del debito sovrano (cap. V) e del conseguente “confronto-scontro” giurisdizionale che ha coinvolto Bundesverfassungsgericht e Corte di Giustizia (cap. VI). La ricostruzione dei profili evolutivi del central banking europeo culmina con l’analisi delle più recenti tendenze in atto per come influenzate dalla crisi economica innescata dalla pandemia, all’esito delle quali il volume si chiude in prospettiva, a ben vedere, aperta, con un interrogativo sul futuro della BCE e della politica fiscale europea (cap. VII).

Venendo a una disamina più dettagliata dei contenuti, i capitoli primo e secondo indagano i principali paradigmi di central banking che, affermatisi a partire dalla Prima guerra mondiale, sono andati consolidandosi nell’Europa occidentale del secondo dopoguerra, nel contesto dell’interventismo democratico di impostazione dirigista (cap. I) e – con particolare segno all’esperienza tedesca – dell’economica sociale di mercato (cap. II). La trattazione si incentra su presupposti e profili caratterizzanti di ciascuno dei due paradigmi, in cui ravvisare un diverso atteggiarsi dei rapporti tra politica monetaria e politica fiscale, all’insegna di una subordinazione della prima alla seconda, nel caso della “banca centrale agente del governo” e di una loro separazione ed equiordinazione, nel caso della “banca centrale fiduciaria del governo”. 

Il volume prosegue con un terzo capitolo teso a coniugare l’analisi svolta nei primi due capitoli con fattori di promanazione sovranazionale. Il capitolo fornisce un’accurata ricostruzione della fase storica precedente alla realizzazione dell’Unione Economica e Monetaria (UEM), segnata dal passaggio – sul finire degli anni Settanta e proseguito negli anni Ottanta – dall’Embedded liberalism ad un «nuovo ordine materiale dell’economia di orientamento neoliberale» (p. 94) e dalla progressiva affermazione del central banking indipendente e del paradigma della “banca centrale fiduciaria del governo”, quale tassello imprescindibile della Stabilitätskultur (parr. 6 e 7). La traiettoria evolutiva principiata negli anni Settanta prosegue, approfondendosi, con il Trattato di Maastricht e con l’istituzione dell’UEM, su cui l’Autore si sofferma in sede di quarto capitolo. Sin dalle sue battute iniziali, il capitolo pone l’accento sulla portata di Maastricht quale «spartiacque» tra una fase connotata dall’apertura degli assetti istituzionali nazionali e sovranazionali e dalla coesistenza dei due paradigmi di banca centrale esaminati nei primi capitoli del volume, ad una fase caratterizzata dal predominio della dottrine neoliberali e del modello di central banking indipendente, il quale va diffondendosi e radicalizzandosi, per trovare il proprio punto di massima espressione nell’istituzione della Banca centrale europea (p. 97).

Due gli snodi principali emergenti nella trattazione svolta dall’Autore: da un lato, l’avvenuta «costituzionalizzazione del finalismo neoliberale» nel segno della sua irreversibilità (si veda, in particolare, par. 2); dall’altro, l’affermazione – con la BCE – del paradigma della “banca centrale fiduciaria degli stati membri dell’UE”. Particolarmente apprezzabile si dimostra l’individuazione dei fattori atti a raffigurare la BCE come un unicum, anche ove raffrontata al modello tedesco in cui, in certa misura, ravvisare la matrice del disegno delineato a Maastricht. In tale ottica, l’asimmetria dell’UEM e l’assenza di una un’autorità fiscale sovranazionale democraticamente legittimata (i), la costituzionalizzazione in seno al diritto primario dell’assetto monetario e della BCE, con conseguente preclusione per il legislatore europeo di intervenire sul quadro giuridico di riferimento (ii), unitamente alla mancanza di un adeguato sistema di pesi e contrappesi (iii), connotano detto paradigma di central banking in senso altamente indipendente e irresponsabile rispetto alle istituzioni democraticamente legittimate (par. 7). Il capitolo si chiude con una “rassicurazione” che assume i toni di una “avvertenza” per il futuro, segnalando come le criticità insite nel modello di central banking incarnato dalla BCE siano destinate a rimanere latenti nella fase della “Grande Moderazione” (par. 9), per poi assumere nuove e concreta consistenza allorquando, con lo scoppio della crisi finanziaria globale, la BCE avrebbe abbandonato il ruolo defilato inizialmente assunto per attuare una politica monetaria non convenzionale (par. 10).

Sulla scorta dell’attenta e puntuale analisi del paradigma inverato dalla BCE, il quinto capitolo ripercorre le tappe più significative che, con la crisi finanziaria globale e la crisi del debito sovrano, hanno contribuito ad un ulteriore cambio di paradigma di central banking, quale “banca centrale protagonista”. Analizzandosi, tra le altre, le Outright Monetary Transactions (OMT) ed il Public Sector Purchase Programme (PSPP), quali estrinsecazioni del protagonismo di Francoforte, l’Autore esamina il mutato ruolo della Banca centrale europea quale «prestatore di ultima istanza per gli stati membri» (p. 142) e l’affacciarsi di una mutata interpretazione dei Trattati, riferita tanto all’estensione del mandato della BCE, quanto al divieto di finanziamento monetario dei disavanzi pubblici. Nell’analizzare la fase interventista in discorso, la trattazione si incentra sul ruolo “tecnico-politico” dell’Istituzione di Francoforte, il cui protagonismo – dall’Autore definito «riluttante» –, piuttosto che di un intento usurpativo ascrivibile alla BCE, sarebbe sintomatico dell’assenza di valide alternative riconducibili al circuito democratico – rappresentativo (par. 7, p. 175). In definitiva, le principali conseguenze osservate dall’Autore si rinvengono nell’innesto di strumenti della tradizione dirigista in seno all’impostazione neoliberale sposata a Maastricht e nella, correlata, ulteriore, trasformazione del paradigma di central banking, la quale – come anticipato – conferisce rinnovata e potenziata forza alle criticità connesse al deficit di legittimazione democratica (par. 8).

Il sesto capitolo affronta il tema centrale della politica monetaria non convenzionale della BCE al vaglio della giurisprudenza di Karlsruhe e Lussemburgo, per come, in particolare, manifestatasi nelle saghe Gauweiler/OMT (1) e Weiss/PSPP (2). La trattazione viene sviluppata in chiave critica, ponendosi in evidenza la diversità (se non inconciliabilità) di vedute tra le Corti nell’individuazione dei confini tra «adattamento» e «cedimento costituzionale» (p. 187) ed avvertendosi circa l’inadeguatezza del controllo giurisdizionale quale sede per porre rimedio ai profili di criticità sottesi al paradigma della “banca centrale protagonista”.

Con il settimo e ultimo capitolo, l’Autore concentra la propria analisi sugli effetti esercitati dalla pandemia sulla costituzione economica di Maastricht e sul ruolo della BCE. Il capitolo si dedica tanto alla rinnovata e rinvigorita fase interventista della BCE – come emergente nell’adozione di misure di politica monetaria non convenzionale (PEPP, in specie), oltreché nella ridefinizione più simmetrica e lievemente espansiva dell’inflation target e nell’impegno a sostegno della transizione ecologica – (parr. 2 e 3), quanto a tentativi di disimpegno, quali il Transmission Protection Instrument (TPI), il cd. Quantitative Tightening e l’innalzamento dei tassi di interesse (par. 5). La trattazione si articola, pertanto, in due blocchi tematici – “interventismo” e “disimpegno” della BCE –, dall’Autore meritoriamente posti in relazione al livello di sviluppo di una politica fiscale europea, la cui prosecuzione, nel solco di quanto sperimento con il Next Generation EU (NGEU), si pone quale condizione per un ridimensionamento della politica monetaria entro il perimetro tracciato dai Trattati. Il capitolo si chiude in prospettiva interlocutoria circa il futuro della politica fiscale europea e, in via correlata e consequenziale, il ruolo della BCE, e con la previsione di un ripresentarsi, per il futuro, di nuovi interventi dell’Autorità monetaria in «supplenza delle autorità fiscali» (par. 7, p. 286).

3. Conclusioni

L’elaborazione sottesa al volume pone in evidenza il diverso modo di atteggiarsi dei rapporti tra circuito democratico – rappresentativo e banche centrali e, con essi, del rapporto tra politica fiscale e politica monetaria, per conclusivamente affrontare il tema in chiave prospettica, segnalandosi l’opportunità e, al contempo, la non agevole praticabilità di una modifica dei trattati. È, in particolare, in sede di conclusioni, che l’Autore ipotizza gli scenari possibili per fronteggiare il deficit di legittimazione democratica della BCE – il completamento dell’UEM mediante l’instaurazione di una capacità fiscale europea, a fronte della quale si potrebbe affermare a livello europeo il paradigma della “banca centrale fiducia dei governo” (i); e la decostituzionalizzazione della BCE, sì da ridimensionarne la sovraesposizione (ii) –, non mancando di segnalare i rischi connessi al mantenimento dello status quo.

Per concludere, il volume del Professor Marco Dani fornisce gli strumenti teorico-concettuali necessari alla comprensione delle tendenze evolutive che interessano il diritto pubblico europeo nel suo intersecarsi con la componente economico – monetaria. In definitiva, il testo esamina approfonditamente e con approccio critico-analitico il tema del central banking europeo, compiendo una meritoria opera di ricostruzione in chiave storico-evolutiva sino ai più recenti approdi politico – istituzionali, potendo contribuire a stimolare il dibattito giuspubblicistico in materia.


NOTE

(1) BVerfG, ordinanza del Secondo Senato del 14 gennaio 2014 – 2 BvR 2728/13; Corte Giust., causa C-61/14, Peter Gauweiler e altri c. Deutcher Bundestag; BVerfG, sentenza del Secondo Senato del 21 giugno 2016 – 2 BvR 2728/13.

(2) BVerfG, ordinanza del Secondo Senato del 18 luglio 0217 – 2 BvR 859/15; Corte Giust., causa C-493/17, Heinrich Weiss e altri; BVerfG, sentenza del Secondo Senato del 5 maggio 2020 – 2 BvR 859/15.


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