L’integrità del processo elettorale nelle presidenziali rumene

Il 6 dicembre 2024, la Corte costituzionale della Romania ha annullato il primo turno delle elezioni presidenziali a pochi giorni dalla seconda votazione, che si sarebbe dovuta tenere domenica 8 dicembre. 

Sebbene tale decisione (qui il testo in italiano) rappresenti un unicum nel panorama costituzionale rumeno, non è la prima volta che la Curtea Constituțională si esprime sulle presidenziali del 2024. Già ad ottobre 2024, infatti, la Corte aveva rigettato la candidatura di Diana Șoșoacă – decisione che è stata fortemente criticata.

In quell’occasione, la Corte aveva motivato la sua decisione rilevando che il comportamento anti-NATO ed anti-UE della candidata fosse contrario ai valori e principi costituzionali.

Il primo turno delle presidenziali era stato vinto a sorpresa dal candidato indipendente di estrema destra Călin Georgescu con il 22% dei voti, superando la candidata del partito liberale di centro-destra Uniunii Salvați România (USR) Elena Lasconi, che aveva ottenuto il 19,2 % dei consensi, e l’attuale primo ministro Marcel Ciolacu, con il 19,15% dei voti. 

Vista la sconfitta dei due più grandi partiti a guida del paese da oltre venticinque anni, i nazional-liberali (Pnl) e i socialdemocratici (Psd), al ballottaggio avrebbero, quindi, dovuto sfidarsi Georgescu e Lasconi. 

La legge elettorale e la Costituzione rumena prevedono, infatti, per lo svolgimento delle elezioni presidenziali, un sistema maggioritario a doppio turno.

Rispettivamente agli artt. 1 della l. 370/2003 e 81 della Costituzione è stabilito che, ove uno dei candidati non ottenga la maggioranza dei voti degli aventi diritto al primo turno – cosa assai frequente – si proceda a un secondo turno di votazione tra i primi due candidati stabiliti secondo l’ordine del numero di voti ottenuti nel primo turno.

Inizialmente, la Corte aveva confermato i risultati elettorali a seguito di un riconteggio parziale dei voti, validando il primo round elettorale. Quattro giorni più tardi, però, in conseguenza della declassificazione di alcuni documenti segreti che hanno rivelato delle interferenze russe nella campagna presidenziale a favore del candidato indipendente Georgescu, la Corte costituzionale ha annullato all’unanimità l’intero processo di elezioni presidenziali ai sensi dell’articolo 146, lettera f), della Costituzione, che assegna alla stessa Corte costituzionale la competenza relativa alla vigilanza sull’osservanza delle procedure di elezione del Presidente della Romania e la conferma della validità delle schede elettorali. 

Invero, diversamente da quanto accade, ad esempio, in America Latina (1), dove la giurisdizione elettorale in materia di elezioni presidenziali è demandata ad organi appositamente preposti – solo per citarne alcuni, il Supremo Tribunal de Justiça in Brasile, il Tribunal Calificador de Elecciones in Chile e la Corte Electoral uruguaiana –, in Romania, come del resto in Francia (2), la verifica sulla regolarità e la proclamazione dei risultati delle elezioni presidenziali è assegnata alla Corte costituzionale. 

Nella sentenza in esame, la Corte, in via preliminare, ha precisato che la Carta costituzionale assegna ai giudici costituzionali il precipuo scopo di assicurare il rispetto del principio di supremazia della stessa Costituzione, anche e soprattutto attribuendo alla Corte il compito di vigilare sull’osservanza della procedura di nomina del Presidente della Repubblica. 

Nel merito, la Corte ha rilevato molteplici irregolarità nelle elezioni presidenziali del 2024, ed in particolare, la violazione dei principi di trasparenza ed equità delle procedure elettorali, per mezzo di un utilizzo distorto dei social media, in particolare TikTok, a cui, però, la Corte non fa cenno nella sua decisione. Si noti che, subito dopo le elezioni, tali irregolarità erano state già state segnalate alla piattaforma TikTok dall’Autorità Nazionale per l’Amministrazione e la Regolamentazione delle Comunicazioni (ANCOM) – segnalazioni a cui, però, la piattaforma non aveva dato seguito.

Nello specifico, la Corte ha sottolineato come i diritti elettorali – primo tra tutti il diritto a libere elezioni –, in quanto diritti fondamentali di natura politica, rappresentino una conditio sine qua non per il funzionamento della democrazia. Considerata la loro natura, è dovere, quindi, dello Stato intervenire per prevenire qualsiasi tipo di ingerenza esterna ingiustificata, facendo fronte ai rischi connessi alle campagne di disinformazione che possono pregiudicare l’integrità dei processi elettorali, anche e soprattutto sensibilizzando l’elettorato all’uso delle nuove tecnologie.

Secondo la Corte, il diritto a libere elezioni, che presuppone il diritto degli stessi cittadini di essere adeguatamente informati prima di prendere una qualsiasi voglia decisione elettorale, è stato violato durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali 2024.

Come specificato dai giudici costituzionali, il diritto alla adeguata e libera informazione  implica, a sua volta, non solo il diritto di ottenere informazioni accurate sui candidati e sul processo elettorale da tutte le fonti, anche online, ma anche la protezione degli stessi cittadini contro l’indebita influenza sul comportamento di voto.

Invero, non di rado, rammenta la Corte, la pubblicità politica finisce per essere utilizzata quale vettore di disinformazione, soprattutto quando è veicolata da paesi non appartenenti all’Unione Europea. Questo, come rilevato dalla Corte, è esattamente quello che è accaduto durante la campagna elettorale per le elezioni Presidenziali del 2024, dove il candidato indipendente Georgescu – si noti, mai nominato dalla Corte nella sentenza in questione –, ha beneficiato, abusando degli algoritmi dei social media, di una promozione definita dalla stessa Corte “aggressiva” ed elusiva della normativa nazionale in materia elettorale.  

Nello specifico, la Corte ha ritenuto che tale campagna elettorale ha pregiudicato la parità di opportunità dei concorrenti elettorali, in violazione dell’articolo 37 della Costituzione (3), distorcendo la volontà degli elettori e creando una disuguaglianza tra i candidati. Infatti, come precisato dai giudici costituzionali, l’esposizione significativa del candidato indipendente ha portato alla riduzione direttamente proporzionale dell’esposizione mediatica online degli altri candidati nel processo elettorale.

Per le ragioni di cui sopra, la Corte, adempiendo al suo dovere di garante dell’ordine costituzionale e di arbitro nel processo di elezione del presidente della Romania,  ha annullato il primo round delle elezioni presidenziali 2024, tutelando così i diritti elettorali e i valori costituzionali. Compito, infatti, della Corte è quello di ripristinare la fiducia dei cittadini nella legittimità democratica dei pubblici poteri, nella legalità e nell’equità delle elezioni.

Quanto alle conseguenze, la decisione della Corte del 6 dicembre ha senza dubbio risvolti costituzionali e (geo)politici. Innanzitutto, quanto ai risvolti pratici, come indicato dalla Corte,  il Governo dovrà tempestivamente indicare una nuova data in cui dovranno tenersi le nuove elezioni. Con riferimento alle conseguenze politiche, si rileva che, oltre alle critiche provenienti dagli stessi candidati che hanno definito la decisione della Corte come illegale ed illegittima, non sono mancate le reazioni nel panorama internazionale. Francia e Stati Uniti, ad esempio, hanno riconosciuto la legittimità della decisione della Corte, criticando duramente il processo di alterazione delle elezioni e confidando nelle istituzioni democratiche rumene. Da ultimo, si osserva che avverso la decisione della Corte costituzionale è stato proposto ricorso dal candidato Simion George Nicolae alla Corte di cassazione romena, la Înalta Curte de Casație și Justiție (4), che però è stato ritenuto inammissibile in data 11 dicembre 2024. 

Forse, la decisione della Corte romena ricorderà a qualcuno, tra gli altri, il famoso caso Bush v. Gore (5) deciso dalla Corte Suprema degli Stati Uniti in relazione alle elezioni presidenziali del 2000, non tanto per il merito della decisione in sé, quanto piuttosto per il ruolo svolto dalle due corti. In entrambe le occasioni, infatti, è innegabile l’interferenza del potere giudiziario nel processo politico-elettorale. Se, però, nel caso americano, la Corte ha svolto il ruolo di ago della bilancia, definendo il risultato delle elezioni, nel caso romeno, la Corte è intervenuta prima del ballottaggio, in uno stadio, quindi, non troppo avanzato del processo elettorale.

Per quanto si possa accusare la Corte di attivismo giudiziario ed ingerenza nel processo politico, dall’altro lato bisogna, però, riconoscere che tale decisione costituisce  un’opera di stabilizzazione di tutto l’assetto istituzionale del paese, caratterizzato per molti anni da un processo di regressione democratica (6).

In conclusione, il caso rumeno ci insegna che nessun paese democratico è immune da attacchi ai processi elettorali, soprattutto in un’epoca in cui le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale sono in continuo sviluppo e sono ormai parte integrante delle nostre vite. Per tale motivo, è essenziale vigilare – anche e soprattutto per il tramite di un ruolo pro-attivo, e non meramente reattivo o di risposta, delle corti costituzionali e degli organi competenti– con maggiore attenzione i processi per natura ‘democratici’ ed evitare che diventino tali soltanto in apparenza.

Francesco Saccoliti

Dottorando in Global Justice: Institutions, Rights and Democracy presso l’Università degli studi di Macerata; LL.M. in Human Rights and Criminal Procedure presso Rijksuniversiteit Groningen


NOTE

(1) Sull’argomento, si veda, ad esempio, a J. Jesús Orozco Henríquez, Sistemas de justicia electoral en América Latina y estándares interamericanos sobre perspectiva de género, in Revista Derecho Electoral, n.13/2012.

(2) Per un approfondimento sul tema, P. Passaglia, La giustizia elettorale in Francia: un delicato equilibrio tra complessità ed efficacia, in Federalismi, n.14/2015.

(3) Secondo l’articolo 34, primo paragrafo della Costituzione romena, “Sono eleggibili tutti i cittadini aventi diritto di voto, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 16, comma 3, a meno che non sia loro vietato di iscriversi a un partito politico, ai sensi dell’articolo 40, comma 3”.

(4) Ai sensi dell’art. 126 (1) e (3) della Costituzione, “la giustizia è esercitata dall’Alta Corte di cassazione e di giustizia e dagli altri organi giurisdizionali istituiti dalla legge” e “l’Alta Corte di cassazione e di giustizia assicura l’interpretazione unitaria e l’applicazione della legge da parte degli altri organi giurisdizionali, secondo le sue competenze”.

(5) Bush v. Gore, 531 U.S. 98 (2000). Per un approfondimento sul tema, si veda, J. M. Balkin, Bush v. Gore and the Boundary between Law and Politics, in The Yale Law Journal, Vol.110, n.8, pp.1407-1458, 2001.

(6) Sul punto, Alexandra Mercescu, “Non Sequiturs in Constitutional Adjudication: Populism or Epistemic Deficit?” in Fruzsina Gardos-Oroszand Zoltan Szente (eds.), Populist Challenges to Constitutional Interpretation in Europe and Beyond (Routledge, Oxford, 2021), 194–216.