Presentazione di “Il Parlamento: regole e dinamiche. Un’introduzione al diritto parlamentare”


Pubblichiamo la trascrizione della presentazione del volume “Il Parlamento: regole e dinamiche. Un’introduzione al diritto parlamentare” (Giappichelli, 2023), di Giacomo Lasorella, Presidente AGCOM, già Vicesegretario vicario della Camera dei deputati, che si è tenuta lo scorso febbraio. Il video completo dell’incontro è disponibile sul nostro canale YouTube.


[G. Donato]

Il manuale rappresenta il frutto della lunghissima esperienza professionale dell’autore, consigliere parlamentare da giovanissimo, e quindi capo del Servizio assemblea, capo dell’Ufficio regolamento, capo del Servizio prerogative e immunità; dal 2015 Vicesegretario generale vicario, sino ad arrivare al 2020, quando l’autore è stato nominato Presidente dell’AGCOM. Il Pres. Lasorella è anche professore a contratto di diritto parlamentare presso l’Università Tor Vergata di Roma, oltre che autore di numerosissime pubblicazioni nell’ambito del diritto parlamentare in primis, ma del diritto costituzionale in generale presso le principali riviste accademiche del settore. 

A dispetto del sottotitolo, che recita: “Una introduzione al diritto parlamentare”, il manuale si presenta come un’opera completa che si rivolge certamente in primis agli addetti ai lavori, ma anche ai tanti aspiranti consiglieri parlamentari. 

Nella introduzione l’A. definisce il Parlamento come “la forma più importante prevista dalla Costituzione per l’esercizio della sovranità popolare”, aggiungendo subito dopo che, in questa prospettiva, le procedure assumono una fondamentale valenza di garanzia.

Sembra importante sottolineare proprio il profilo delle procedure come garanzia, in un momento storico in cui, invece, vengono percepite, più che altro, come un peso inutile, se non addirittura come un ostacolo, rispetto a quel decisionismo assoluto e immediato che pare essere diventato l’unica esigenza degna di tutela.

[D. Baldoni]

Questo manuale si inserisce all’interno della tradizione delle opere di diritto parlamentare del nostro Paese. Quali possono essere i destinatari principali a cui si rivolge? Quanta della sua esperienza all’interno della Camera dei deputati è presente all’interno del manuale e, soprattutto, in che cosa potremmo andare a coglierla leggendo le sue pagine?

[G. Lasorella]

Anzitutto, consentitemi una considerazione di carattere generale: sono lieto del fatto che lo studio e l’interesse per queste materie si alimenti di menti e di persone giovani, che si affrontino i vari problemi da una prospettiva nuova. Questa è poi la forza, come sempre, delle giovani generazioni, la forza che fa andare avanti la scienza.

Questo libro è stato scritto mentre ricoprivo il ruolo di Vicesegretario generale della Camera, per essere, poi, ultimato a distanza di anni.

Ho avuto la fortuna, nella mia carriera, di trovarmi in luoghi molto importanti e centrali: ai tempi di Tangentopoli, alla Giunta per le Autorizzazioni e, anche nella fase successiva, quando è stato messo in piedi il meccanismo delle insindacabilità; poi mi sono occupato di commissioni d’inchiesta, anche molto importanti e delicate; successivamente mi sono occupato del regolamento e, ancora, sono stato tanti anni all’Assemblea. Ho voluto trasmettere tutta questa esperienza fatta alla Camera e lasciarla come elemento di conoscenza.

In una presentazione del libro, il Prof. Clementi ha gentilmente affermato che questo è un libro fatto dalla parte di chi tiene il volante. Anche se non è realmente il personale della Camera a tenere il volante, sicuramente si trova da questo lato della prospettiva e può vedere come si sviluppano e come funzionano i meccanismi. Ecco, il libro mette a disposizione questo tipo di conoscenze. 

Va sottolineato con chiarezza che questo è un libro di diritto, l’idea non è mai stata quella di cogliere un elemento aneddotico. Si citano tantissimi precedenti, ma sono precedenti utili a comprendere e a inquadrare i meccanismi giuridici. Ho cercato, anche se lo enuncio solo incidentalmente in qualche misura, di trasmettere un metodo di studio; in fondo, la struttura è evidentemente quella del regolamento della Camera, con alcune significative differenze su cui arriverò.

In tutti i capitoli si parte sempre dalla Costituzione e poi via via si approfondiscono le norme regolamentari e, infine, la prassi, cercando di comprendere come il diritto parlamentare nasca sostanzialmente all’interno della politica. Questo non vuol dire che non sia un diritto, ma, anzi, queste regole sono proprio volte a disciplinare il processo decisionale del più alto organo costituzionale dell’ordinamento, che è collocato non a caso nella parte seconda della Costituzione, dove la rappresentanza poi produce le norme. Questo processo produce la decisione politica, regola il diritto parlamentare ed è un processo che evidentemente è fortemente influenzato dal contesto e dall’assetto delle forze politiche. Avendo un processo che è essenzialmente un processo giuridico, l’impostazione segue questa ispirazione, e la struttura è quella del regolamento della Camera. 

Ho cercato di leggere ogni istituto in chiave dinamica: è vero – lo dico all’inizio – che c’è una parte sostanzialmente strutturale dei procedimenti, ma non è soltanto una lettura in chiave storica, di ricognizione delle norme e di come si sono prodotte, ma anche per far comprendere come determinate norme influenzano sostanzialmente il funzionamento dell’intera macchina parlamentare. Non a caso le norme del regolamento sono collocate solo al capitolo VI e prima ci sono i gruppi parlamentari e gli organi parlamentari, ma sia dei gruppi sia degli organi parlamentari cerco di non parlarne in una chiave meramente statica, guardando semplicemente alle norme, ma cercando di vedere anche come queste norme funzionano. 

Nel parlare degli organi, per esempio, i gruppi sono evidentemente l’anima, i soggetti principali della vita parlamentare. Uno sforzo che ho cercato di fare lungo tutto il libro è quello di far capire che in fondo tutti i procedimenti sono momenti di interazione tra i gruppi. Penso, per esempio, alle sanzioni che nascono come sanzioni certamente individuali, di chi disturba la seduta, ma normalmente non c’è mai un “matto” che disturba la seduta: disturbare la seduta è un comportamento politicamente rilevante, la sanzione è un comportamento politicamente rilevante. Non a caso in certi casi è stata anche amministrata in modo tale da contemperare la sanzione stessa con l’ordinato svolgimento delle sedute. 

Nel testo cerco di evidenziare come questi organi vengono formati, come vengono formati determinati equilibri politici che sono alla base della loro formazione; quale ne è il funzionamento e quale ne è la missione. Questi due piani sostanzialmente si intersecano ed ecco che la trattazione statica diventa poi trattazione dinamica. 

Solo a questo punto arrivano le norme sul regolamento, di cui ho cercato di analizzare innanzitutto il quadro costituzionale complessivo: il rapporto tra la giurisprudenza costituzionale, il significato dell’autonomia costituzionale delle Camere, poi l’evoluzione delle norme regolamentari in rapporto all’evoluzione degli assetti politici. Infine, come si creano queste norme parlamentari; l’importanza del precedente; l’importanza delle pronunce della Giunta del Regolamento, che talvolta sostituiscono il regolamento attraverso delle pronunce che non sono formalmente interpretative, ma finiscono per essere addirittura abrogative, in alcuni casi anche produttive di nuovo diritto.

Si tratta, quindi, di un assetto variabile, cangiante e in qualche modo influenzato anche dalle dinamiche degli assetti politici; l’obiettivo è quello di dare degli strumenti per comprendere questa evoluzione, per comprendere il modo in cui queste regole si producono, si modificano e vengono interpretate. 

Dopo i regolamenti e dopo le regole generali sulla discussione e sulla deliberazione, il focus si sposta sostanzialmente sul funzionamento concreto delle Camere. Qui c’è l’unica “licenza poetica” che mi sono concesso rispetto alla sequenza degli argomenti del regolamento della Camera. Ho anteposto le regole che riguardano il rapporto di fiducia a tutte le altre, perché chiunque vive la realtà delle Camere si rende conto che il rapporto di fiducia è l’ingranaggio che, come in quei complessi ingranaggi fatti di tante rotelle, fa girare tutti gli altri ingranaggi; ed è quello che dà l’impulso originario, come in un meccanismo di un orologio affinché tutto il resto poi funzioni. Quando si ferma, quando si incrina, quando in qualche modo si inceppa il meccanismo del rapporto fiduciario Parlamento-Governo, sostanzialmente si ferma un po’ tutto il resto della macchina. 

A seguire, una grande attenzione al procedimento legislativo: ho cercato di ricostruire tutti gli aspetti, a partire dalla programmazione dei lavori parlamentari, per arrivare poi al procedimento legislativo ordinario che oramai è rimasto soltanto una sorta di esempio di scuola, per poi arrivare a tutti i procedimenti speciali, che nella pratica sono invece sostanzialmente prevalenti e maggioritari. 

Dopo, e a fianco al procedimento legislativo, ho cercato di analizzare anche tutti gli altri procedimenti: da un lato il sindacato ispettivo, dall’altro i procedimenti di indirizzo. Anche qui mi sembra con una prospettiva di cui se ne sia giovata la dottrina – perché questo è un tema poco trattato in generale – quindi, a mio avviso, è stato utile mettere insieme e fare una ricognizione del funzionamento concreto di questi istituti per poi arrivare agli altri procedimenti: le commissioni d’inchiesta, prim’ancora le commissioni di vigilanza e controllo, il Parlamento e l’Europa. 

Mi è stato fatto notare che questa parte europea è collocata in modo un po’ più marginale rispetto all’importanza, sempre crescente, che assolve. Io sicuramente ho descritto, ho raccontato e ho analizzato un Parlamento incentrato sui procedimenti tradizionali, però ci ho tenuto, anche con l’aiuto di una collega molto esperta (Maria Schininà), a scrivere anche un capitolo molto articolato e aggiornato sui procedimenti europei.

A chi è rivolto? In genere si dice che i libri gli autori li scrivono per sé stessi e questo, in qualche misura, è vero. È un testo complesso, proprio perché in fondo ciò che volevo trasmettere era una visione un po’ più complessa del Parlamento, una visione non dico di secondo livello, ma sicuramente un po’ più approfondita. I destinatari ne sono gli studenti più interessati, quelli che vogliono capire di più, vogliono rendersi conto di più, soprattutto, per esempio, nei corsi di master, nei corsi di perfezionamento, nei corsi di preparazione ai concorsi. 

Infine, mi piacerebbe che diventasse in qualche misura anche un book of reference, perché in fondo ci sono tanti precedenti, tanti approfondimenti che possono servire anche nei singoli casi concreti, ovviamente dalle varie prospettive, non solo sul banco della Presidenza, ma anche sui banchi di chi deve “cercare di sfidare” la Presidenza o semplicemente chi vuole capire come si dipanano i procedimenti e come sostanzialmente affrontare una determinata situazione. 

Manca un indice dei nomi, che spero di aggiungere in un’eventuale seconda edizione, in modo che diventi davvero un book of reference

[M. Pignataro] 

La struttura del volume è sicuramente uno degli elementi che valorizza il manuale, a partire dal dato che i regolamenti parlamentari vengono trattati solo dopo lo status del parlamentare e gli organi parlamentari (mentre solitamente nei manuali l’ordine è invertito).

Questa decisione sembra enfatizzare la dinamicità del diritto parlamentare ed emerge in maniera chiara con la lettura del volume, così come emergono le funzioni del Parlamento: risalta agli occhi la decisione di esaminare le funzioni alla luce del rapporto di fiducia – quindi anche alla luce della forma di governo parlamentare – valorizzando così l’idea che il conferimento della fiducia sia il presupposto stesso per lo svolgimento di tutta l’attività parlamentare. 

Soffermandoci un attimo sul ruolo del Parlamento, che è poi il protagonista del suo lavoro, come si sente di definire il ruolo del Parlamento oggi, specie di fronte al contesto mutato del pluralismo istituzionale? Penso, ad esempio, al ruolo del Parlamento nell’ottica euronazionale, così come ai vincoli e alle opportunità che il PNRR si è incaricato di evidenziare. Ha maturato qualche riflessione a tal proposito, anche in relazione alle sfide davanti alle quali si trova il Parlamento oggi?

[G. Lasorella] 

Un’altra scelta dinanzi alla quale mi sono posto nel momento in cui ho organizzato l’indice di questo volume è stato se partire o meno dalle tradizionali funzioni, quindi funzione legislativa, di indirizzo, di controllo; ho scelto di parlare dei procedimenti piuttosto che parlare delle funzioni proprio perché vi sono procedimenti che in realtà sono a cavallo di una pluralità di funzioni. Si pensi al sindacato ispettivo, che per un verso è “domande al governo”, ma in realtà è un procedimento a cavallo tra rappresentanza, controllo, indirizzo e quindi, insomma, è qualcosa di più complesso. 

Ho cercato di partire più dai procedimenti che non dall’incastellamento teorico. L’obiettivo non è quello di essere dei “praticoni”, ma piuttosto quello di suggerire un metodo che nasca dalla realtà concreta. Si pensi alla legge di bilancio: è sicuramente una legge in senso proprio, ma è anche in qualche modo il più grande atto di indirizzo del governo: in fondo, è l’atto con il quale si fa la politica economica del governo. Quindi, partire dai procedimenti non vuol dire svilirli in termini di mera pratica, ma piuttosto comprenderne la complessità. Questa è la premessa di metodo sul Parlamento. 

Il Parlamento è cambiato sotto numerosissimi profili: nacque come un Parlamento senza regioni, senza Europa, in un sistema di partiti estremamente forte ed estremamente pervasivo, con un sistema delle comunicazioni dove non c’era neanche la televisione.

Da allora è cambiato molto. Ci sono una serie di poteri che hanno assunto un ruolo estremamente importante: si pensi alla Corte costituzionale e a quanto sia diventata importante per il Parlamento, non solo per le pronunce sui regolamenti parlamentari, ma addirittura sulla legge elettorale; la Corte costituzionale ha inciso profondamente sull’assetto dei partiti conseguente al sistema elettorale e anche inevitabilmente sul Parlamento. 

Poi ci sono i vincoli europei e c’è il rapporto con le Regioni; non a caso il PNRR ne è un esempio particolare di questa azione multilivello. 

L’altro interlocutore fondamentale è il governo. In questo quadro multilivello, il governo organizza e guida il Parlamento nel suo complesso. Insomma, non sono di per sé un laudator temporis acti, anche questo manuale cerca di far comprendere come mai si sia giunti a questa evoluzione. Quello che è importante da non perdere è la forza del Parlamento della rappresentanza nazionale. Il fatto che comunque una certa discussione, una certa decisione si ottenga attraverso il libero dibattito dei rappresentanti del popolo, è, a mio avviso, il nucleo duro da salvaguardare, il nucleo duro che continua a lasciare al Parlamento una legittimazione profonda nell’evoluzione complessiva dell’ordinamento.

È chiaro che l’ordinamento nazionale, se va via via ad integrarsi nell’ordinamento europeo, dovrà in qualche modo sacrificare anche il ruolo del Parlamento; non a caso, poi, questo si nota nei vari pareri che vengono resi, per esempio, sulle direttive europee, sugli atti europei, dove un elemento di incidenza viene raggiunto soltanto ove vi siano dei pareri contrari di più parlamenti, che quindi attivano il famoso early warning system. Ciò che è importante è che rimanga il significato profondo del Parlamento come luogo della rappresentanza e, come tale, luogo della decisione. Anche qui le regole del diritto parlamentare garantiscono che poi questa rappresentanza assuma le proprie decisioni con il metodo democratico che appunto è l’essenza dei regolamenti parlamentari.

[D. Baldoni] 

All’avvio della sua carriera, da giovane funzionario della Camera, osservava un’estrema valorizzazione delle commissioni parlamentari; oggi invece siamo arrivati a parlare di bicameralismo alternato, di monocameralismo di fatto. Abbiamo avuto un’importante giurisprudenza costituzionale fra gli anni ‘90 e l’inizio degli anni 2000 sulla decretazione d’urgenza e oggi vediamo il governo sempre più deus ex machina. Chi osserva i lavori parlamentari vede come le Camere siano costantemente impegnate nella conversione continua in legge. Anche con l’attuale maggioranza di governo non si va verso la diminuzione delle questioni di fiducia, anzi, il numero è, se possibile, superiore anche alle precedenti maggioranze di minore consistenza. Come si sono sviluppate queste criticità? Si intravedono delle nuove soluzioni o siamo ancora fermi a quelle che sono state le ipotesi già avanzate in dottrina e, forse, poco ascoltate dalla politica?

[G. Lasorella] 

Di abuso del decreto-legge si parla da anni. C’era un saggio di Celotto che si chiamava proprio “L’abuso del decreto-legge” datato 1997. Proprio nei primi anni ’90, prima della sentenza n. 360/1996, c’erano queste catene di decreti-legge; lo stesso decreto veniva reiterato tante volte, veniva via via modificato dalle Camere e poi la reiterazione teneva conto dell’ultima modifica delle Camere. 

La sentenza n. 360 del ‘96 nasce proprio per chiudere questa stagione. Forse c’è stata anche un’eterogenesi dei fini rispetto all’intenzione della Corte costituzionale di allora, che voleva bloccare l’abuso dei decreti-legge: invece, la sentenza n. 360 del ‘96 ha finito per incrementarlo, perché con la scadenza che è un now or never, e impone di chiudere l’esame del decreto, quella diventa l’occasione per chiuderlo e la fiducia diventa il modo per cui “o ti mangi questa minestra o salti dalla finestra”. 

La sentenza n. 360 del ‘96 ha reso indispensabile la chiusura del procedimento di conversione entro i 60 giorni e quindi ha reso giaculatorio questo termine, ha reso impossibile la reiterazione e paradossalmente, anziché indebolire, ha rafforzato il governo che esercita, nei confronti del Parlamento, questo improprio potere di ricatto. Insomma, dice al Parlamento: “se non lo chiudi entro 60 giorni, non passa nulla” e quindi sostanzialmente questa è diventata via via la modalità ordinaria. 

Ricordo che nel periodo immediatamente successivo all’approvazione dei regolamenti parlamentari, quando si provò a mettere un freno ai decreti-legge anche attraverso alla regola secondo cui dovevano essere non più della metà del tempo disponibile nel calendario dei lavori, vi fu una sensibile riduzione della decretazione d’urgenza. Io credo che vada fatto anche uno sforzo per comprendere perché si giunga alla decretazione d’urgenza, e, talvolta, come questa produca sempre di più una legislazione frastagliata, frammentaria, incerta, che aggiusta via via tante piccole questioni attraverso norme specifiche, ma difficilmente riesca a fare riforme di sistema, durature. Talvolta sono norme manifesto che riescono a incidere, a toccare alcuni aspetti, ma non a produrre riforme. Le riforme di sistema sono quelle che sono state fatte in Parlamento, con i tempi – anche lunghi – del procedimento parlamentare. 

I governi meglio riusciti hanno avuto una fase di decretazione d’urgenza che poi si è stabilizzata attraverso una fase invece di delega al governo, alla realizzazione di interventi di leggi delegate che riuscivano a fare interventi di sistema. Secondo me un ordinamento che funziona di più tende un po’ a limitare il decreto-legge e il fatto che se ne continui a fare un uso così marcato è indice di un funzionamento faticoso del sistema, non adeguato. 

Quindi, l’auspicio è che, nella stabilità degli equilibri di governo, si cerchino, si esplorino anche nuovi strumenti che garantiscano la possibilità di produrre una legislazione più meditata e più ordinata. 

Il decreto-legge c’è stato sempre per rispondere alla frammentazione, a un’esigenza di immediatezza, di provvedere immediatamente a fornire delle norme. L’ordinamento ha funzionato meglio quando l’azione di governo è riuscita a fare iniziative di più ampio respiro, che non si tendono a fare col decreto-legge. 

L’abuso di decreti-legge può apparire paradossalmente un esercizio di forza, ma, alla lunga, è un elemento di debolezza.

[D. Baldoni] 

Parliamo della sua attuale esperienza di Presidente AGCOM. Rispetto all’impostazione teorica che ha maturato prima di ricoprire l’incarico, qual è stato l’approccio alle attività dell’AGCOM? Il contesto in cui opera si inserisce senz’altro in una polarizzazione politica accesa, di cui, immagino, ne senta quotidianamente gli effetti, dato che le attività AGCOM hanno una ricaduta importante anche nella quotidianità. Sulla base di questo periodo da Presidente, che idea ha sviluppato relativamente al ruolo di garanzia delle authorities?

[G. Lasorella] 

Non sfugge a nessuno che nell’Autorità si trattano materie che apparentemente hanno poco a che vedere con quelle del Parlamento. In realtà, a parte una grandissima necessità di studio, di approfondimento di tutte le questioni ovviamente connesse con la regolazione – dal settore delle telecomunicazioni al settore dell’audiovisivo – vi devo dire che mi sono tornate utili molte delle cose apprese durante il lavoro svolto alla Camera. 

In quella sede si apprende come muoversi in un contesto istituzionale, e quindi avere la contezza dei ruoli, non solo astratti, ma anche concreti, dei vari soggetti che agiscono all’interno dell’ordinamento. Ma, ancora, come gestire le dinamiche, per esempio di un Consiglio come quello dell’autorità, che inevitabilmente richiede una serie di regole applicate dal Presidente. Non è un’applicazione astratta e puramente procedurale, ma servono per risolvere una serie di questioni. 

Le autorità indipendenti esercitano una funzione di garanzia, quindi diciamo che il metodo, l’habitus imparato nelle funzioni precedenti è stato utile e prezioso anche in queste funzioni, che non sono tra l’altro solo direttamente a contatto con la politica. Peraltro, l’influenza della politica è stata molto meno incisiva di come potevo aspettarmi. C’è bisogno di una doppia attenzione e di un equilibrio istituzionale ancora più marcato, non solo nei confronti delle forze politiche, ma anche nei confronti di tutti gli operatori del settore. C’è ancora tanto da studiare, da imparare e da apprendere, ma la palestra istituzionale è stata molto utile per affrontare anche questo incarico.

[M. Pignataro] 

Lei dedica un intero paragrafo agli uffici delle Camere: una scelta interessante, che distingue il suo lavoro da gran parte dei manuali di diritto parlamentare. Che consiglio dà a chi, oggi, si sta preparando per i concorsi, in particolare quello da consigliere parlamentare?

[G. Lasorella] 

Mi arrischio a dire che gli uffici delle Camere sostanzialmente sono un elemento di tenuta del sistema. Ci credo profondamente perché, alla fine, anche nel succedersi delle legislature e nel cambiare del personale politico, gli uffici hanno questa importante funzione di tenere non solo la memoria dei procedimenti, delle regole, delle decisioni, ma anche, in qualche modo, la cultura del Parlamento, che contribuiscono per la loro minima parte a perpetuare. Per il resto, è giusto che nel procedimento legislativo sostanzialmente gli uffici siano “invisibili”, che la funzione venga svolta totalmente e pienamente dai parlamentari che sono gli eletti dal popolo. 

Gli uffici che coadiuvano i parlamentari hanno la funzione di metterli nelle condizioni di esercitare le loro funzioni: sia chi si occupa di studi, fornendo loro materiali, approfondimenti, conoscenze sui singoli settori, sia garantendo loro il perfetto funzionamento della macchina amministrativa, sia per chi si occupa di procedure, in qualche modo consigliando e istruendo le varie decisioni procedurali che poi sono assunte dagli organi politici. 

È un lavoro molto interessante, molto ricco; in Parlamento si vedono tante cose, ma bisogna essere consapevoli che si esercita un ruolo che resta un passo indietro, un ruolo non decisorio, ma di supporto, seppur estremamente importante e qualificato.

Talvolta la decisione politica cerca un supporto, che però deve essere quanto più possibile indipendente e neutrale; non deve essere un consiglio di parte. La struttura ha un senso se è una struttura servente, senza diventare uno dei soggetti che gioca. 

Sulla preparazione: sommessamente consiglio il mio libro, ma cercherei di privilegiare un approccio multidisciplinare. È importante essere operatore di diritto, avere uno sguardo che comprenda anche la storia istituzionale, l’economia, avere complessivamente una visione quanto più possibile ampia, pur avendo salde basi giuridiche. 

Avere un approccio multidisciplinare anche nel trattare i singoli aspetti, quindi per esempio nel trattare il diritto costituzionale, essere consapevole delle sue origini storiche. Nel trattare la storia, essere consapevole anche del quadro complessivo istituzionale.

[D. Baldoni] 

In conclusione: ha un ricordo o un aneddoto del suo concorso che vuole condividere?

[G. Lasorella]

Dopo le prove selettive, passammo in 50 alle prove scritte, che si svolsero nell’Auletta dei Gruppi. Allora si faceva anche una prova di resoconto, e per prepararmi mia madre mi leggeva i discorsi parlamentari di Fanfani. Insomma, era una cosa dei politici dell’epoca, abbastanza divertente. 

Gli orali li facemmo nella Sala della Lupa; c’era questa commissione con la Presidente Nilde Iotti, che era molto ieratica, con l’attuale Presidente della Corte costituzionale, Barbera, e con il Prof. Spaventa, che era il professore di economia: tutti grandissimi calibri che ci interrogarono. Ci sentivamo un po’ piccoli, all’epoca. 

Ancora oggi, quando mi capita di passare davanti alla Sala della Lupa con qualche collega dello stesso concorso viene naturale dire: “Ti ricordi quando stavamo su queste panchette ad aspettare che ci chiamassero?” Ed eravamo tutti molto emozionati. Poi ognuno vive questi momenti con grande emozione. Ognuno di noi ha fatto esami, ognuno di noi in questi esami ha vissuto un po’ di emozione. Questo così, giusto perché me l’ha chiesto, ho raccontato quelle che sono state le mie emozioni. 

[G. Donato] 

Penso che dal nostro incontro sia emerso con chiarezza lo spirito che anima questo suo bel volume, che parte dalla pratica non per essere un testo “per praticoni”, ma per arrivare alla teoria in una prospettiva corretta per l’approccio al diritto parlamentare. 

È importante sottolineare che il contesto descritto, pur influenzato dalle forze politiche, rimane comunque un processo giuridico; da qui la scelta di soffermarsi più sul procedimento che sulla funzione.

Questo è probabilmente l’approccio più utile a chi si avvicina al diritto parlamentare, ai fini sia concorsuali che dello studio teorico. 

Diego Baldoni

Vicedirettore di Voci Costituzionali

Dottore di ricerca in Diritto costituzionale – Università di Genova

Micol Pignataro

Collegio dei garanti di Voci Costituzionali

Dottoranda di ricerca in Diritto Costituzionale – Università di Bologna

Giuseppe Donato

Direttore di Voci Costituzionali

Ricercatore in Istituzioni di Diritto pubblico – Università di Messina