La crisi del bicameralismo paritario, tra necessità procedurali e incompatibilità costituzionali


ICON·S Italian Chapter “Politica e istituzioni tra trasformazioni e riforme

Università Bocconi di Milano – 13-14 settembre 2023

Panel “Presente e futuro del bicameralismo paritario, tra monocameralismo di fatto e ipotesi di riforma


Questo breve articolo si propone di fornire una panoramica telegrafica del fenomeno del cd. monocameralismo di fatto e di alcune delle criticità che ne derivano. 

È noto che l’architettura costituzionale preveda un sistema bicamerale paritario, in cui la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica hanno il medesimo ruolo nell’iter di approvazione delle leggi dello Stato. 

Con le espressioni monocameralismo di fatto o bicameralismo alternato (1) si intende generalmente quell’insieme di prassi di utilizzo delle procedure parlamentari che portano una delle due camere ad essere, sostanzialmente, estromessa dall’iter legis, riducendo il proprio operato ad una mera, acritica, approvazione (o rigetto) di un testo di legge formatosi in altra sede

La prassi del monocameralismo di fatto porta il procedimento legislativo a discostarsi in maniera rilevante dal disegno tracciato dal dettato costituzionale, tanto da realizzare, da un certo punto di vista, una vera e propria trasformazione in via convenzionale degli equilibri formali previsti dalla norma scritta. 

Si tratta di un fenomeno che la dottrina ha ormai identificato e criticato ormai da diversi anni, evidenziandone i gravi effetti tanto a livello costituzionale che di diritto parlamentare (2).

Ciò che lo rende particolarmente problematico è da un lato la sua estensione quantitativa, che ormai interessa una percentuale assai rilevante delle leggi approvate (3), e dall’altro la progressiva espansione verso ambiti differenti da quello “classico” della conversione di decreti-legge, andando a interessare anche la procedura di bilancio.

Se volessimo fornire un inquadramento temporale del fenomeno potremmo delimitarlo almeno all’ultimo ventennio, caratterizzato da una serie di evoluzioni nella tendenza normativa in via sostanziale che hanno valorizzato il ruolo degli esecutivi e sminuito in molti casi quello del Parlamento, e in cui il bicameralismo alternato di inserisce perfettamente. 

Sebbene questa prassi sia ormai ampiamente diffusa nell’iter legis parlamentare, si possono individuare almeno due fattispecie di particolare interesse.  

La prima si registra con riferimento al procedimento di conversione dei decreti-legge. In questo caso, infatti, una molteplicità di fattori concorre a determinare l’emersione del bicameralismo alternato. In primo luogo, chiaramente, il limite temporale per la conversione del decreto-legge, che impone una analisi e un’approvazione in tempi assai rapidi da parte delle camere; in secondo luogo, l’aumento quantitativo del ricorso alla decretazione d’urgenza e l’importante incremento delle dimensioni dei decreti-legge, ormai divenuti pacificamente strumento di legislazione ordinaria. Ciò rende necessariamente più lunga e complessa la fase istruttoria per le Commissioni di ciascuna Camera. In questo contesto, dunque, è difficile immaginare che il secondo ramo parlamentare possa avere il tempo di svolgere una adeguata istruttoria e soprattutto presentare, discutere e approvare emendamenti che determinerebbero la necessità di un ulteriore passaggio parlamentare, che non avrebbe mai modo di essere terminato nei termini previsti dalla Costituzione.

Il secondo e forse perfino più problematico caso si verifica ormai stabilmente nella fase di approvazione del bilancio. Anche in questo caso vi è una ragione di tipo strettamente temporale che contribuisce a determinare questa prassi, dato che, in ragione del ciclo europeo di bilancio le procedure per giungere alla presentazione in Parlamento del disegno di legge sono particolarmente complesse e le tempistiche sono precisamente scandite a livello normativo (4). Peraltro, tali scadenze sono stabilmente violate, e sempre in peggio, nella prassi. La colpevole tendenza a presentare sempre più tardi i disegni di legge di bilancio da parte dei governi, anche in ragione del necessario confronto con le istituzioni europee, fa sì che ai rami del Parlamento siano concessi appena una manciata di giorni per svolgere un’impossibile istruttoria su testi di centinaia o migliaia di pagine. La fase di approvazione del bilancio si riduce allora alla presentazione di emendamenti preconfezionati da parte di gruppi parlamentari e singoli onorevoli, con la speranza che vengano inseriti nel maxiemendamento governativo. Anche in questo caso la seconda Camera risulta del tutto impossibilitata a svolgere altro ruolo se non quello di mera approvazione del testo definitivo, in quanto non sarebbe possibile entro la scadenza della fine dell’anno solare giungere ad una terza lettura parlamentare.

Anche tralasciando le numerose problematiche di questo fenomeno dal punto di vista della opportunità politica e del rispetto delle istituzioni, ci si limita ad evidenziare due evidenti criticità nei confronti dei precetti costituzionali. 

In primisl’articolo 70, per cui “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Appare immediatamente evidente come la prassi in esame determini uno svuotamento del portato di questa norma, in quanto ne viene rispettata soltanto la più nuda e sterile forma. 

In secundis, e in maniera del tutto collegata, l’articolo 72, comma 1, per cui “Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale”. Anche in questo caso non c’è bisogno di un particolare sforzo interpretativo per identificare un chiaro attrito tra la prassi descritta e il dettato costituzionale.  

A fronte di una sostanziale unanimità nelle critiche al bicameralismo alternato, non vi è analoga uniformità di vedute con riguardo alle ragioni che lo determinano

Secondo alcuni, infatti, questa stortura procedurale sarebbe la conseguenza della impossibilità da parte degli esecutivi di poter usufruire di procedure accelerate per la realizzazione dai loro interventi programmatici, e che dunque a fronte di una debolezza istituzionale, e in questo caso procedurale, degli esecutivi, essi rispondono con una forzatura delle norme attualmente in vigore. Seguendo questa impostazione, sarebbe possibile ipotizzare forme di riconoscimento scritto di alcuni caratteri del monocameralismo di fatto, ad esempio mediante procedure di istruttoria condivisa o tramite una riforma delle modalità di presentazione e votazione degli emendamenti, determinando quindi una sorta di monocameralismo procedurale. 

Per altri, invece, si tratterebbe di uno dei numerosi esempi di ampliamento di fatto dei poteri normativi del Governo, che tende alla marginalizzazione del ruolo formale e sostanziale del Parlamento, in chiara violazione del dettato costituzionale. Per questi motivi si tratterebbe di un fenomeno da contrastare, arginando la volontà del Governo di farsi Legislatore (5).

Elia Aureli

Assegnista di Ricerca – LUISS Guido Carli


(1) Cfr. E. Longo. La legge precaria. Le trasformazioni della funzione legislativa nell’età dell’accelerazione, Torino, 2017, pp. 203 ss., G. Tarli Barbieri, L’irrisolta problematicità del bicameralismo italiano tra intenti riformistici e lacune normative, in Federalismi.it, n. 3/2019, p. 59. 

(2) Si vedano sul punto gli approfondimenti contenuti nel Fasciolo 3/2022 di Costituzionalismo.it, intitolato “Monocameralismo: Parlamento e rappresentanza”.

(3) Per una panoramica dei dati relativi a questo fenomeno: Il monocameralismo di fatto e la crisi del sistema istituzionale – Openpolis

(4) C. Bergonzini, I più recenti sviluppi costituzionali del ciclo di bilancio in Rivista del Gruppo di Pisa, n. 1/2023, pp. 299 – 348

(5) Sebbene, in effetti, la realtà normativa odierna non sia per nulla distante da questa prospettiva. Cfr. G. Di Cosimo, Tutto ha un limite (la Corte e il Governo legislatore), in Forum di Quaderni Costituzionali, 2007; S. Cassese, Il Governo legislatore, in Giornale di diritto amministrativo, n. 5/2021.